(Island, 1993)
Per il bis la vestale del rock alternativo beneficia di un contratto major (con la Island, scelta perché pubblicò i capolavori di Tom Waits). La produzione di Steve Albini è violentemente scarna, asettica come da costume dell’ex Big Black. Le chitarre martoriate in primo piano e il suono ai minimi termini, emaciato, nevrotico, circoscrivono i demoni, gli impulsi, le ossessioni di una Polly Jean in uno stato di grazia creativa. Nelle sue corde di Gorgone sulfurea sfoghi retrattili (Rid Of Me), frigide confessioni (Dry), ferroso blues (Hook), serpentine garage (50ft Queenie) e un Dylan d’annata, Highway ’61 Revisited, a cui il tempio di PJ riserva un posto d’onore, giusto accanto al lare Captain Beefheart e alla musa Patti Smith.
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