(WB, 1968)
Libero dal giogo di Berns, Morrison sfoga in due soli giorni di febbrili session newyorkesi il suo estro poetico e la sua impetuosa e spontanea musicalità in un disco (per i tempi) rivoluzionario che induce a paragoni con l’impressionismo pittorico, la poesia beat e lo “stream of consciousness” di James Joyce. Su un tappeto acustico di chitarre, ritmi, flauti, sax e vibrafono, “Van The Man” dipana le sue ballate espanse e improvvisative, spesso prive della classica struttura strofa-ponte-ritornello e intrise di un intenso misticismo, col vocabolario jazz, folk, soul e blues contaminato in una lingua nuova. Tra i flutti impetuosi di Astral Thing, i preziosismi barocchi di Cypress Avenue e le rarefazioni di Beside You, l’incalzante r&b di The Way Young Lovers Do, l’onda melodica montante di Madame George e Ballerina si costruisce una leggenda, alimentata da una vocalità libera, potente e selvaggia. In molti, dal Bruce Springsteen anni ’70 al Mike Scott (Waterboys) anni ’80, prenderanno ispirazione.
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